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Cronache
"Quella roba sulla Orlandi deve sparire": le chat tra potenti del Vaticano

"Quella roba sulla Orlandi deve sparire": le chat tra potenti del Vaticano e le altre piste su Emanuela

È entrato nel vivo il lavoro della neonata Commissione parlamentare d'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Proprio ieri i loro familiari sono stati ascoltati, e come già in altre occasioni Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha rivelato novità sconcertanti che, se verificate, potrebbero segnare un cambio di passo nelle indagini, riaperte sia dal Vaticano sia dalla Procura di Roma. Come riporta Il Tempo, Orlandi ha indicato "tre piste" che da parte della commissione bicamerale di inchiesta "meriterebbero un approfondimento che nessuno ha mai fatto". "Ho portato qui l’esatta copia dei documenti che ho consegnato a Diddi (il promotore di giustizia vaticano e titolare del fascicolo sulla Orlandi aperto nel gennaio dello scorso anno dopo alcune istanze presentate dalla famiglia della cittadina vaticana) quando sono stato ascoltato lo scorso anno e la stessa copia l’ho data alla Procura di Roma".

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Il fratello di Emanuela è poi entrato nel dettaglio: "Sono tre situazioni che partono dal 2012. Uno riguarda il magistrato che si occupava dell’inchiesta, il dottor Capaldo, che ha avuto nel 2012 un incontro con gli emissari del Vaticano, il capo della Gendarmeria vaticana Domenico Giani e il suo vice Alessandrini, chiamata poi famosa ’trattativa'. Hanno ammesso anche loro di essere stati lì". Su questo "c’è stata una sorta di ammissione da parte del Vaticano di essere a conoscenza di alcuni fatti. Quindi mi auguro che il magistrato Capaldo sia uno dei primi a essere ascoltato insieme a Giani e Alessandrini che sono cittadini italiani".

"L’altra pista- ha detto ancora Pietro Orlandi- è quella di Londra, riguardo le famose spese che il Vaticano avrebbe sostenuto per Emanuela che sono state considerate il giorno dopo false e ridicole e nessuno ha più seguito. In questa pista ci sono degli elementi importanti che nel corso di questi anni ho proseguito, mi hanno portato a fatti e documenti che meritano un vero e proprio approfondimento. Ho portato qui tutto un memoriale, con documenti e lettere tra il cardinal Poletti e il sottosegretario a Londra relativi a questo fatto". La terza pista, quella decisamente più scottante, è quella "dei messaggi whatsapp, che ho ricevuto qualche anno fa, tra due persone vicine a papa Francesco su telefoni riservati della Santa Sede". Questi messaggi "parlano di documenti di Emanuela, dicono che sono importanti, che bisogna fotocopiarli, parlano di georadar, di come pagare i tombaroli che non si possono pagare in maniera pulita. Si tratta di due persone che facevano parte dell’ufficio Cosea, la commissione voluta dal Pontefice per mettere ordine tra gli enti economici vaticani, Francesca Immacolata Chaouqui e monsignor Balda. Si tratta di un ufficio particolare che aveva istituito nel 2013 papa Francesco per interessarsi delle criticità che c’erano in Vaticano e tra queste due persone nasce questa sorta di messaggi perché avevano trovato dei documenti relativi a Emanuela, una cassa contenente cose appartenenti a Emanuela.

Mi hanno detto anche dove si troverebbe questa cassa, depositata a Santa Maria Maggiore. Sono cose che ho detto a Diddi quando sono stato ascoltato lo scorso anno, chiedendo che venisse ascoltata quanto prima Francesca Immacolata Chaouqui che mi aveva dato gli screenshot di questi messaggi. Però da un anno a questa parte ancora non è stata convocata", ha concluso Pietro Orlandi. E proprio il quotidiano Il Domani pubblica gli screenshot delle conversazioni: tutto ruoterebbe attorno a una “nota spese” di cinque pagine attribuita al Vaticano in cui si prefigurava il rapimento di Orlandi e il suo trasporto a Londra.

Accetti

Accetti

Purtroppo la nota spese manca di quello che la renderebbe credibile: le tante pagine di fatture in allegato che venivano annunciate nel documento. E che avrebbero permesso di cominciare a riscontrare le accuse. Nelle chat tra Balda e Chaouqui si parla di Orlandi: "A settembre dobbiamo far sparire quella cosa della Orlandi e pagare i tombaroli. Questo devi dire al Papa. Ora che torniamo si lavora all’archivio. E basta giornali e follie varie", scrive Chaouqui. "Quella roba della Orlandi deve sparire e tu devi farti gli affari tuoi. Ho visto Giani, io non credo che sia come dici tu su di lui. Quello che hanno fatto è un reato e lui lo deve sapere. Fra poco vengo, ma tu dove sei?", è un altro messaggio mandato a Balda. Che risponde in un italiano spagnoleggiante: "En casa. Non dici niente a Ciani. Orlandi sono cose che vanno da serio. El cardinale a (sic) detto che doviamo mettere tutta la forza in questo, el Papa con noi". In un altro messaggio Chaouqui si rivolge a Balda: "Brucia questa conversazione appena leggi. Fai le copie almeno di quella cosa di Orlandi e le mando in procura in forma anonima. Questa roba finisce male". Sempre secondo Domani alcune fonti vaticane adesso sostengono che delle 197 pagine di fatture allegate se ne è salvata una. Ritrovata da chi tra 2013 e 2014 lavorava o frequentava gli uffici di Balda. Si tratta della fattura del pagamento di un marmista che a fine anni Novanta avrebbe scolpito un angelo per adornare una tomba che si trova nel Cimitero Teutonico. La stessa che fu aperta nel 2019 su insistenza della famiglia Orlandi senza trovare alcuna traccia di Emanuela.

Chaouqui fa sapere che in quanto ex commissario Cosea lei è ancora sotto segreto pontificio. E quindi non può parlare delle chat. A fine dicembre 2023 Balda è stato interrogato in Vaticano sulle chat. Ha negato la paternità dei messaggi su Whatsapp. Ma sulla cassa di documenti ha detto che anche lui è ancora sotto segreto pontificio. E quindi del contenuto dell’archivio non può parlare. A meno che non lo autorizzi Papa Francesco. 

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