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Congedo Parentale 2023: come funziona e cosa cambia per la madre e il padre dopo la Manovra di Governo

La prima Legge di Bilancio firmata dal Governo Meloni sul finire dello scorso anno ha modificato diverse delle misure relative al lavoro e alla famiglia in Italia. Tra queste, anche quella che riguarda il congedo parentale. Nel 2023 l’astensione dal lavoro è leggermente cambiata nel funzionamento e nei termini. 

Che ci fosse qualcosa da modificare rispetto al passato, era parso evidente. Lo avevano dimostrato le numerose polemiche mosse da tanti genitori in tutta Italia, e confluite in una petizione firmata da circa 50mila persone per convincere il nuovo governo in carica ad aumentare il numero di giorni di congedo di paternità obbligatorio. Nell'attesa di un cambiamento in tal senso, ancora non arrivato, per ora l'esecutivo guidato da Fratelli d'Italia ha deciso di intervenire cambiando le regole del congedo parentale facoltativo, aumentandone i termini e garantendo una maggiore equità tra entrambi i genitori. 

Ma cosa si intende quando si parla di congedo parentale? Si fa riferimento a un diritto riconosciuto ai genitori per prendersi cura dei propri figli, solitamente durante i primi anni di vita dei bambini. Un diritto che, a seconda dei regolamenti in vigore nei vari paesi, può variare per durata e benefici, anche in maniera notevole. Scopriamo insieme quali sono tutte le novità in merito a tale normativa stabilite dal Governo Meloni per il 2023, tenendo presente le varie distinzioni tra congedo di maternità, congedo obbligatorio e congedo parentale.

 

Indice degli argomenti:

 

 

Congedo parentale e congedo di maternità: qual è la differenza?

Prima di entrare nel merito della questione può essere importante distinguere tra i vari tipi di congedo previsti per i genitori che lavorano in Italia. Il congedo parentale non va infatti confuso con quello obbligatorio di maternità o paternità, che per l'appunto è obbligatorio per tutti i lavoratori dipendenti.

Secondo quanto stabilito dalla legge italiana, le madri hanno il diritto e il dovere di astenersi dal lavoro per cinque mesi. Questo periodo di tempo può essere suddiviso in vari modi: 

due mesi prima della data presunta del parto e tre mesi successivi;

un mese prima e quattro successivi;

cinque mesi successivi alla nascita (solo con il benestare dei medici).

La stessa regola è valida in caso di adozione: alla madre spettano cinque mesi di congedo obbligatorio dopo l'ingresso del figlio in famiglia. In questo periodo di tempo, la neomamma riceve un assegno mensile uguale all'80% della sua ultima busta paga.

La situazione è invece differente per i papà, che hanno diritto a dieci giorni di astensione dal lavoro, con indennità però pari al 100% della restribuzione. I giorni possono diventare di più (venti) solo in caso di parto gemellare. Anche in questo caso la suddivisione non è fissa: possono essere richiesti tutti insieme o frazionati a partire da due mesi prima della nascita e fino a cinque mesi dopo la nascita.

Questa la situazione per i lavoratori dipendenti. Gli autonomi possono godere invece di diritti leggermente diversi. Alla madre spettano comunque cinque mesi di congedo con un'indennità pari all'80% della sua retribuzione media, ma con la possibilità di poter comunque continuare a lavorare ed emettere fatture. Il padre invece non può usufruire di alcun congedo, se non in casi eccezionali (morte o stato di grave infermità della madre, affidamento in via esclusiva).

Diverso il caso del congedo parentale, specialmente nella nuova versione introdotta nel 2023 dalla Legge di Bilancio come ulteriore misura, in termini di ammortizzatori sociali, per sostenere le famiglie. In questo caso il congedo non è infatti obbligatorio ma facoltativo, e prevede una retribuzione che può arrivare anche all'80% della propria busta paga per una durata che varia da uno a nove mesi. Ma con alcune differenze tra lavoratori dipendenti e autonomi.

Come funziona il congedo parentale 2023 per i dipendenti?

Entrando nel merito della questione, la norma al momento stabilisce che ogni coppia di lavoratori dipendenti ha diritto, a partire dal 13 agosto 2022, a nove mesi di congedo parentale retribuito al 30% della propria retribuzione media. Di questi nove mesi, tre spettano al padre, tre alla madre e tre possono essere richiesti liberamente dall'uno o dall'altro, fino ai 12 anni di vita del bambino. Tale periodo di congedo non deve essere per forza fruibile a giorni, ma anche a ore. All'interno di questi nove mesi, uno e uno soltanto può essere indennizzato all'80%, e solo a uno dei due genitori. La retribuzione “gonfiata” deve però essere richiesta entro il sesto anno di vita del bambino.

Il periodo di congedo può in alcuni casi anche arrivare a 10 o 11 mesi complessivi, se il padre si astiene dal lavoro per almeno tre mesi. Questo periodo di congedo aggiuntivo non viene però sempre indennizzato al 30%, ma solo nel caso in cui il reddito del genitore sia al di sotto di un determinato limite. In caso di genitore single i mesi di congedo possono essere automaticamente 11, con 9 retribuiti al 30%.

Le stesse regole valgono anche per i figli adottati o in affido (con la differenza che il conteggio dei dodici anni non è anagrafico ma parte dall'ingresso in famiglia e si conclude automaticamente al raggiungimento della maggiore età). 

Tuttavia, vale la pena sottolineare che l'indennità non spetta a tutti. Ne sono esclusi i dipendenti che hanno smesso di lavorare, che lavorano a domicilio o che sono lavoratori domestici.

Il congedo parentale per autonomi e partite IVA

Sebbene non sia un diritto conosciuto da tutti, anche i lavoratori autonomi, e quindi gli imprenditori, gli artigiani, i liberi professionisti, i soci di cooperativa, gli agenti e i rappresentanti di commercio hanno diritto al congedo parentale, così come a quello obbligatorio. Non avendo una busta paga, la loro indennità al 30% viene però calcolata sulla retribuzione convenzionale giornaliera stabilita dalla legge per ciascuna di queste categorie. La grande novità, da questo punto di vista, è che l'astensione è prevista non più solo per le madri, ma anche per i padri.

Ma come funziona in questo caso il congedo parentale? Ogni genitore ha diritto a tre mesi di congedo per ogni figlio. Questi devono essere chiesti entro il primo anno di vita o di ingresso in famiglia. Nel caso delle donne, è possibile usufruire del congedo dopo la fine del periodo di maternità retribuita regolarmente all'80%. Requisito fondamentale per poter richiedere il congedo parentale è però il versamento dei contributi nel mese precedente alla richiesta. 

A differenza del congedo obbligatorio per le madri, però, quello facoltativo può essere richiesto solo se il genitore effettivamente non lavora e non fattura durante il periodo di congedo.

Come richiedere il congedo parentale

Ora che conosciamo le differenze tra congedo obbligatorio e congedo parentale, sia per dipendenti che per autonomi, cerchiamo di capire in che modo bisogna muoversi per poter fruire dell'astensione facoltativa. 

Le lavoratrici dipendenti che intendessero godere del diritto al congedo parentale dovranno comunicare i periodo di astensione alla propria azienda secondo le tempistiche previste dal CCNL di appartenenza. Se questo non lo prevede, con un preavviso comunque non minore ai cinque giorni.

L'attivazione del congedo prevede però anche una comunicazione all'INPS, che avrà l'onere di coprire l'assenza del lavoratore con l'indennità prevista dallo stesso congedo (che non pesa dunque sulle casse del datore di lavoro). Per poter fare richiesta è necessario inoltrare la propria domanda, in via telematica, al sito dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale prima dell'inizio del congedo, o in alternativa anche il giorno stesso. In caso di fruizione oraria del congedo la domanda dovrà invece essere presentata all'azienda non meno di due giorni prima, mentre all'INPS basterà inoltrare la richiesta come di consueto prima dell'inizio o nel giorno stesso, tenendo però presente che il servizio online per questo tipo di astensione è diverso da quello per l'astensione standard.

L'iter è simile anche per le lavoratrici autonome o iscritte alla Gestione separata, chiamate a presentare la domanda prima del periodo richiesta attraverso il servizio dedicato. In caso di richiesta tardiva, verranno pagati solo i giorni successivi alla data di presentazione della domanda.

Le stesse modalità valgono, ovviamente, anche nel caso della richiesta del congedo parentale facoltativo da parte del padre. 

Come vedere quanti giorni di congedo parentale mi restano

Se hai fatto richiesta di congedo parentale, è facile che tu possa perdere il conteggio dei giorni, preso dai mille impegni che la vita da neo genitore presenta. Anche se non esiste uno strumento apposito che ti segnali quanti giorni sei stato fermo dal lavoro e quanti mancano al tuo rientro, è possibile consultare online le domande di congedo che hai presentato. Per farlo, devi essere in possesso dei codici di accesso SPID, della Carta d'Identità Elettronica o della Carta Nazionale dei Servizi per poter entrare nella tua area personale sul sito dell'INPS.

Una volta effettuato l'accesso, recati alla voce Prestazioni e servizi, entra in Tutte le prestazioni e poi in Prestazioni a sostegno del reddito. Qui troverai la voce Indennità per congedo parentale lavoratrici e lavoratori dipendenti e poi Servizio desktop maternità e congedo parentale lavoratori dipendenti, autonomi, gestione separata. Entrando anche in quest'area, clicca su Consultazione domande. Nella lista di quelle presenti troverai tutte quelle  inviate e potrai conteggiare manualmente i giorni già usufruiti e i giorni residui. Non è il modo più semplice e automatico del mondo, ma al momento è l'unico esistente per poter verificare effettivamente quanti giorni manchino alla fine dell'astensione.

Attenzione però. Quando conteggi i giorni devi ricordare di includere anche sabati, domeniche ed eventuali festivi, qualora questi rientrassero all'interno del periodo di congedo parentale fruito. Cosa vuol dire questo? Che se hai fatto domanda per 30 giorni di congedo a partire dal 1° maggio, dovrai rientrare al lavoro il 30 maggio, tenendo quindi nel conteggio anche i giorni festivi. Non vanno invece conteggiati i festivi e i weekend nel caso in cui, tra un periodo e l'altro di congedo, è presente una ripresa effettiva del lavoro. Ad esempio, se chiedi cinque giorni a partire da un lunedì, dovrai rientrare direttamente il lunedì successivo, e i due giorni festivi, sabato e domenica, non andranno conteggiati. 

Maternità facoltativa: cos’è e quanto viene pagata

Ne abbiamo parlato finora, ma vale la pena sottolineare cosa sia la maternità facoltativa per evitare confusione. Con la locuzione maternità facoltativa si intende il congedo parentale facoltativo, un periodo di tempo durante il quale i genitori possono sospendere temporaneamente il proprio lavoro per prendersi cura del proprio bambino o bambina. Questo tipo di congedo è solitamente disponibile dopo il periodo di congedo di maternità obbligatorio e può durare da poche settimane a diversi mesi, a seconda dei casi.

La maternità facoltativa non è obbligatoria e non viene retribuita dal datore di lavoro, ma in Italia i genitori possono avere accesso a un'indennità o a un sostegno finanziario durante il periodo di congedo. 

Si tratta di un modo per i genitori di dedicare del tempo alla cura del proprio bambino o bambina nei primi mesi di vita e può aiutare a promuovere il legame tra genitore e figlio e a garantire una transizione graduale al ritorno al lavoro.

Quanto dura il congedo di maternità

La durata del congedo di maternità, che è invece la cosiddetta maternità obbligatoria, dipende dalle leggi e dalle politiche del paese in cui si risiede e dal contratto di lavoro stipulato con il proprio datore di lavoro. In generale, la maggior parte dei paesi prevede un congedo di maternità obbligatorio di almeno 14 settimane, con alcune eccezioni in cui il periodo può essere più breve o più lungo. In alcuni casi, è possibile estendere il periodo di congedo di maternità per motivi di salute o in caso di complicazioni durante la gravidanza o il parto. Per avere informazioni precise sulla durata del congedo di maternità, è necessario consultare le leggi e le politiche specifiche del proprio paese e del proprio datore di lavoro.

Come abbiamo visto, in Italia quando si parla di maternità si fa riferimento al congedo di maternità obbligatorio, il periodo di astensione dal lavoro riconosciuto come diritto e dovere a tutte le neomamme e che può avere una durata massima di cinque mesi, da suddividere a seconda delle proprie esigenze.

Durante questo periodo, il datore di lavoro ha il divieto assoluto di far lavorare la donna in congedo. Quest'ultima, allo stesso tempo, non può in alcun modo rinunciare al proprio diritto, neppure in caso di condizioni di buona salute comprovate da una certificazione medica, eccetto in casi estremi (interruzione di gravidanza o morte perinatale del feto).

I requisiti per la maternità

I requisiti per accedere alla maternità obbligatoria possono variare a seconda del paese e del sistema sanitario. Tuttavia, di seguito sono elencati i requisiti generali che di solito devono essere soddisfatti:

essere una lavoratrice dipendente o autonomo con regolare iscrizione presso la gestione previdenziale;

avere un certificato medico che attesti la gravidanza e la data presunta del parto;

essere iscritta alla previdenza sociale e aver maturato un determinato numero di contributi (la durata varia da paese a paese);

comunicare al datore di lavoro la propria gravidanza e il periodo di assenza previsto;

rispettare i termini e le procedure previste dal proprio datore di lavoro o dal sistema sanitario per la richiesta di maternità obbligatoria.

Inoltre, in alcuni paesi, potrebbero essere previsti ulteriori requisiti o documenti, come ad esempio la presentazione di un certificato di nascita dell'altro figlio se si richiede l'indennità per maternità facoltativa.

È importante notare che i requisiti per l'accesso alla maternità obbligatoria possono variare notevolmente da un paese all'altro e possono essere soggetti a modifiche nel tempo. Pertanto, è consigliabile consultare le politiche specifiche del proprio paese e del proprio datore di lavoro per le informazioni più aggiornate e precise.

Come compilare domanda maternità obbligatoria online

Per poter godere del congedo di maternità obbligatorio è necessario inviare la domanda almeno due mesi prima della data prevista per il parto. Il congedo può essere attivato solo dopo che la lavoratrice in questione ha fatto pervenire all'INPS obbligatoriamente un certificato medico di gravidanza, da richiedere a un medico del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato con esso.

Prima di avanzare la propria richiesta, è necessario presentare la documentazione obbligatoria. In particolare, sono richiesti dall'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale i seguenti documenti:

Carta d'Identità;

Codice fiscale;

ultima busta paga;

certificato di gravidanza telematico;

certificato di nascita;

eventuale certificato di adozione o affido;

modello INPS SR14 o Modello SR01.

A seconda delle modalità di pagamento desiderate, è necessario comunicare anche l'IBAN.

Preparata questa documentazione, è possibile presentare la domanda di astensione obbligatoria attraverso queste modalità:

recandosi presso un patronato;

contattando il contact center INPS telefonando al numero verde 803 164 da fisso, 06 164 164 da mobile;

tramite la sezione apposita sul sito dell'INPS.

Nel caso si voglia procedere in autonomia attraverso il portale dell'INPS è necessario seguire le seguenti indicazioni. Munirsi di credenziali SPID, CIE o CNS, in quanto non è possibile effettuare l'accesso tramite altre credenziali. 

Una volta entrati nel portale, bisogna inserire i propri dati anagrafici, di residenza e di recapito, i dati legati alla maternità, tra cui la data presunta del parto, i dati del rapporto di lavoro in corso (compreso datore di lavoro, data di assunzione e settore di appartenenza), la modalità di pagamento della prestazione. Inseriti tutti questi dati non resta che attendere il riepilogo della domanda e infine procedere con l'invio.

Quanto dura il congedo di paternità

Il congedo di maternità e il congedo di paternità sono entrambi periodi di tempo durante i quali i genitori possono sospendere temporaneamente il proprio lavoro per prendersi cura del proprio bambino o bambina. Tuttavia, ci sono alcune differenze tra i due tipi di congedo:

innanzitutto nella durata, in quanto il congedo di maternità, come abbiamo visto, è solitamente più lungo;

nella retribuzione, in quanto spesso il congedo di maternità prevede un compenso inferiore;

nell'uso, in quanto il congedo di  maternità viene utilizzato solitamente dalla madre durante i primi mesi di vita del bambino, mentre il padre, avendo meno giorni a disposizione, può giocarseli in maniera differente nell'arco dei vari mesi a disposizione.

In sintesi, il congedo di maternità e di paternità sono due tipi di congedo che consentono ai genitori di prendersi cura dei propri figli. La durata, la retribuzione, l'obbligatorietà e l'uso dei due tipi di congedo possono variare a seconda del paese e del datore di lavoro.

Come abbiamo accennato già nei paragrafi precedenti, riassumiamo qual è la durata prevista per il congedo di paternità. In particolare, in caso di nascita, affidamento e adozione, al padre lavoratore dipendente sono concessi dieci giorni di congedo obbligatorio, a cui è possibile aggiungere il periodo di congedo facoltativo, che ha invece durata di tre mesi. La durata del congedo obbligatorio può arrivare fino a un massimo di venti giorni, in caso di parto gemellare (di due o più bambini).

Per quanto riguarda la distribuzione dei giorni, il padre può scegliere di avvalersi del congedo anche distribuendolo ma entro e non oltre i primi cinque mesi di vita del bambino, o entro i cinque mesi dall'arrivo del figlio minore in famiglia in caso di adozione o affidamento.

Ma come si può fare domanda di congedo obbligatorio? Il neopapà può fare apposita domanda attraverso una doppia modalità, Chi riceve il pagamento dell'indennità di congedo dal proprio datore di lavoro deve presentare un'apposita richiesta in forma scritta, specificando le date in cui ci si assenterà dal lavoro. I lavoratori che invece ricevono il pagamento tramite INPS devono presentare domanda online tramite la consueta procedura telematica.

Per farlo, è necessario visitare la sezione dedicata al congedo parentale per il padre, dopo aver fatto accesso tramite le credenziali SPID, CIE o CNS. In alternativa, è possibile contattare l'INPS anche tramite il contact center o rivolgendosi a enti di patronato, esattamente come previsto per la domanda di congedo obbligatorio di maternità.

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